Decreto Sostegni bis: tutte le novità in materia di licenziamenti

Decreto Sostegni bis

Il Decreto Sostegni bis (D.L. n. 73/2021) prevede diverse novità connesse all’emergenza Covid-19, e tra queste vi è sicuramente la norma inerente l’ulteriore blocco dei licenziamenti che, secondo quanto si è appreso, è stata rivelata  dal Ministro solo in sede di approvazione del Decreto in CDM (e che, non solo, rappresenta l’ennesimo ripensamento rispetto ad una linea che sembrava ormai tracciata ma mette anche in evidenza le incertezze strategiche su un tema essenziale).

L’emanazione del nuovo Decreto Sostegni bis arriva dopo giorni di attesa e dibattito tra forze politiche, imprese e sindacati, sulla questione relativa l’imminente sblocco dei licenziamenti, fissato al 30 Giugno 2021.

Ed invero, già il decreto-legge n. 41/2021 (c.d. “Decreto Sostegni”) – convertito con modificazioni con legge 21 maggio 2021, n. 69 – aveva creato un “doppio binario” in merito alla vigenza di tale divieto. 

In particolare, l’art. 8, comma 9 disponeva un blocco generalizzato fino al 30 giugno 2021 per tutte le imprese, a prescindere dal requisito dimensionale. Mentre, l’art. 8, comma 10, prevedeva che per i datori di lavoro agricoli, di cui all’ art. 8, comma 8, e per i datori di lavoro privati che avevano fatto richiesta di integrazioni salariali di cui all’art. 19 e 22 del d.l. n. 18/2020 e s.m.i. (quindi assegno ordinario, CIGD, CISOA, FIS o, ancora, FSBA), l’estensione delle summenzionate preclusioni sino al 31 ottobre 2021.

Pertanto, il nuovo Decreto Sostegni bis, tiene fermo il termine del 30 Giugno 2021, rimodulando tuttavia il divieto di licenziamenti in funzione dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali previsti per i mesi a venire.

In particolare, la Dal 1° Luglio 2021 i datori di lavoro che rientrano nel campo di applicazione della cassa ordinaria (come ad es. quelli nel settore industria e metalmeccanici) non potranno più utilizzare la CIGO COVID-19 prevista dal Decreto Sostegni (i.e. massimo 13 settimane tra il 1° Aprile 2021 ed il 30 Giugno 2021). Tuttavia, tali datori di lavoro potranno accedere alla Cassa integrazione ordinaria o straordinaria prevista dal D.Lgs. n. 148/2015, senza tuttavia pagare contributi addizionali fino al 31 Dicembre 2021. 

Senonchè, in riferimento ai datori di lavoro che avvarranno dei benefici dei suddetti ammortizzatori, il legislatore ha previsto, la estensione del blocco dei licenziamenti.

Nella specie, la fruizione della CIGO e della CIGS senza addizionale, per il periodo dal 1° luglio fino al 31 dicembre del 2021, farà scattare il divieto di licenziamento collettivo e di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, con le deroghe già previste dal decreto Sostegni (come ad es. in caso di cessazione definitiva della attività di impresa o di fallimento dell’azienda, ecc.). Tale divieto avrà durata variabile a seconda della durata della cassa. 

Di conseguenza, i datori di lavori che non intendono avvalersi della Cassa integrazione ordinaria e che non rientrano nelle categorie di cui all’art. 8, comma 10 del decreto-legge n. 41/2021 non saranno più soggetti ai divieti di licenziamento che hanno caratterizzato la normativa emergenziale “anti-Covid”.

In ogni caso, la facoltà per le aziende di stipulare degli accordi collettivi aziendali, che preveda un incentivo per l’esodo volontario dei lavoratori che vorranno aderire a tale accordo.

La normativa, così come strutturata, a mio avviso, non fa altro che alimentare confusione e, soprattutto, le incertezze in un ambito che, invece, in questo momento di ripartenza aveva bisogno proprio di chiarezza e certezze. 

Infatti, a prescindere da qualsiasi valutazione sul blocco dei licenziamenti (che rappresenta comunque una normativa eccezionale che è stata emanata in un momento si di emergenza ma anche di grande difficoltà per le imprese), le disposizioni introdotte determinano, nella sostanza, per le imprese che rientrano nel campo di applicazione della Cassa ordinaria (come detto soprattutto, industria e metalmeccanica ma anche edilizia, ecc.) la necessità di una scelta (comunque dolorosa) tra proseguire con la Cassa oppure procedere con i licenziamenti. 

Tale scelta non è di poco conto in quanto molte aziende, sfruttando la ripartenza, proprio con il sostegno della Cassa, avrebbero potuto limitare il numero degli esuberi. 

Pertanto, l’effetto, nella sostanza, potrebbe essere quello di aumentare i casi in cui si ricorra ai licenziamenti e diminuire il ricorso alla Cassa integrazione (che è invece uno strumento fondamentale ed importante sia per i datori che per i lavoratori).   In questo modo si andrebbero a danneggiare non solo gli stessi lavoratori che la normativa intendeva tutelare (anticipandone la fuoriuscita dal mondo del lavoro) ma anche a limitare il raggio di azione delle imprese che vengono costretti a prendere una decisione drastica, per esigenze contingenti e non procrastinabili, con evidenti conseguenze sulla crescita in caso di forte ripresa della attività (divieto di nuove assunzioni collegate ai licenziamenti, ecc.). 

L’auspicio è che si faccia chiarezza su tale normativa e che venga presa una volte per tutte una direzione netta (senza ulteriori ripensamenti) e così eliminando la necessità di scelte dolorose e dannose (per tutti), e, comunque, una direzione che possa tenere conto della ripresa in atto e che è attesa nei prossimi mesi, come è stato confermato anche dal Presidente del Consiglio (che sicuramente è un esperto sul tema) e, soprattutto, una soluzione che non sia ideologica ma che tenga conto delle effettive esigenze di tutti gli attori del mondo produttivo.  

ciao

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