Di recente sono state segnalate, da molti attori del mondo produttivo, delle decisioni da parte dell’INPS di negare il DURC e che tale decisione è stata motivata con la presenza di pretese omissioni (spesso anche molto risalenti nel tempo) oggetto di contestazione amministrativa o giudiziaria (con i giudizi ancora pendenti).
Orbene, tale comportamento dell’INPS è del tutto illegittimo e può essere validamente contestato.
Tale conclusione è evidente analizzando la normativa di riferimento.
Nella specie, in merito al DURC (che è un documento fondamentale considerando la attività di molti attori del mondo produttivo) l’art. 3 del D.M. del 30 gennaio 2015 <<Semplificazione in materia di Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC)>> prevede i requisiti di regolarità contributiva ai fini del rilascio del DURC e, in particolare, il co. 1 dispone, che:
“La verifica della regolarità in tempo reale riguarda i pagamenti dovuti dall’impresa in relazione ai lavoratori subordinati e a quelli impiegati con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, che operano nell’impresa stessa, nonchè i pagamenti dovuti dai lavoratori autonomi, scaduti sino all’ultimo giorno del secondo mese antecedente a quello in cui la verifica è effettuata, a condizione che sia scaduto anche il termine di presentazione delle relative denunce retributive”.
Pertanto, tale norma include solo il pagamento dei contributi in “tempo reale” riguardante i dipendenti ed i collaboratori mentre non include tra le verifiche ai fini del rilascio del DURC quello inerente il ticket del licenziamento (che non è contribuzione ma rappresenta un mero adempimento amministrativo).
Del resto, se l’inadempimento fosse stato rilevante, stante il fatto che è del 2015, sarebbe stato già contestato in sede di richiesta del DURC (ed il DURC sarebbe stato già negato da anni).
In ogni caso, l’art. 3 del D.M. 30 gennaio 2015, al comma 2, lett. d e lett. precisa che la regolarità ai fini del rilascio del DURC sussiste anche in caso di:
“d) crediti in fase amministrativa in pendenza di contenzioso amministrativo sino alla decisione che respinge il ricorso;
e) crediti in fase amministrativa in pendenza di contenzioso giudiziario sino al passaggio in giudicato della sentenza, salva l’ipotesi cui all’art. 24, comma 3, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46;”
Dunque, dall’analisi dell’art. 3 cit. si ricava:
1. che il rilascio del DURC può essere negato solo in presenza del mancato pagamento di quanto indicato al comma 1 dell’articolo stesso (e non sembra vi rientri il caso di specie);
2. che il diniego di rilascio del DURC può avvenire solo se tali inadempienze sono state già formalmente accertate e comunicate senza che il contribuente abbia a ciò tempestivamente reagito con i prescritti rimedi amministrativi e giurisdizionali.
In virtù di quanto sopra, perché possa ritenersi presente una irregolarità ostativa al rilascio del DURC, deve verificarsi che l’INPS abbia accertato e comunicato all’interessato la omissione di un pagamento e che questi non abbia né pagato, né ottenuto la concessione di una rateizzazione, nè impugnato il provvedimento (in via amministrativa e/o giudiziaria).
Pertanto, in presenza di un ricorso amministrativo o giudiziario l’INPS non può sospendere il DURC. In quanto, per come emerge dalla normativa, sino alla decisione che respinge il ricorso amministrativo o, in caso di successivo ricorso giudiziario, sino alla sentenza che definisce il giudizio la regolarità sussiste.
In altre parole, il principio fondante del D.M. è che il DURC non può essere negato nemmeno per una inadempienza contributiva sostanziale se questa è controversa in sede di contenzioso amministrativo o giudiziario.
Ne consegue che in caso di contestazione da parte dell’INPS sulla concessione del DURC si deve effettuare una apposita comunicazione nell’ambito della quale far presente i principi esposti e richiedere la immediata emissione del documento riservandosi di richiedere il risarcimento dei danni (che sarebbero rilevanti in caso di inerzia continuata).
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